Il Beato Antonio Lucci

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I MEDAGLIONIIl beato Antonio Lucci: la formazione e lo studio (III) agnone.jpg Le reliquie del vescovo di Bovino mons. Antonio Lucci toccheranno i paesi della sua diocesi nei mesi di febbraio e marzo 2009. E’ un avvenimento importante, proprio dei santi: a Deliceto si ricordano con commozione le peregrinatio delle reliquie di S. Alfonso (1995) e di S. Gerardo (2004). E’ quindi il caso di conoscere un po’ più da vicino questa figura. Egli nasce ad Agnone, cittadina dell’interno su un monte di 850 metri, famosa per l’industria delle campane, risalente al Medioevo, e quella degli oggetti di rame, soprattutto utensili da cucina; “la rama”, che ogni sposa doveva portare in dote. Oggi Agnone è in provincia di Isernia, nel Molise; allora faceva parte del Sannio. La sua era una famiglia dabbene e devota; la madre, Angela Paolantonio, frequentava i sacramenti e le funzioni religiose e non mancava mai alle prediche quaresimali; il padre, Francesco Lucci, aveva un piccolo commercio di rame ed una bottega di calzolaio ben avviata. E fra la vendita di una pentola ed una risuolatura di scarpe, trovava il tempo per pregare con la coroncina che aveva sempre a portata di mano. E’ da meravigliarsi se poi il nostro Antonio – che alla nascita si chiamava Angelo Nicola – imboccherà la strada ecclesiastica? Egli nasce il 2 agosto 1682, quinto di una nidiata di sette figli, che seguiranno le orme paterne, alcuni facendo i ramai, altri i calzolai. Non Angelo Nicola, che, portato per gli studi, ebbe la possibilità di continuarli, nonostante a dodici anni gli morisse il padre e, quindi, venisse meno il sostegno economico principale della famiglia. Proseguì gli studi sotto sacerdoti laici e regolari, che allora erano quasi gli unici depositari del sapere; a quindici anni aveva terminato quelle che oggi possiamo chiamare scuole elementari e medie. Ed è più o meno a quell’età che si manifesta la vocazione; la povera madre, pur tanto devota, fece una decisa opposizione; vedova, non voleva separarsi pure da suo figlio per donarlo a Dio. Ma fu inutile, ed il Nostro proseguì per la sua strada. Sembra di risentire la vita di S. Gerardo. E così nel 1697, a quindici anni, chiese di essere ammesso in un convento francescano, quello dei frati minori conventuali di Agnone, che ben conosceva per le tante frequentazioni. E fu allora che, cambiato l’abito borghese per il saio francescano, cambiò anche il nome, come voleva la regola, e scelse quello di Antonio. Proseguì brillantemente gli studi; nel 1608 fece la professione religiosa e poi girò le scuole monastiche di Venafro, Alvito, Aversa, Napoli, lasciando dovunque un ricordo di santità. Infine, la gioia di poter studiare ad Assisi e pregare sulla tomba del Suo santo. Gli fu compagno, grande compagno, un francescano, poi dichiarato santo anche lui, il lucerino Francesco Antonio Fasani, con il quale si instaurò una santa emulazione sia negli studi che nell’aspirazione alla perfezione. I due, ormai inseparabili, furono ordinati sacerdoti lo stesso giorno, il 17 novembre del 1705. Proseguirono gli studi e nel 1709 si laurearono in teologia, chiudendo così, brillantemente, il periodo di formazione. (CONTINUA) Mattia Iossa

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