Il Natale per i nostri “compaesani” Stranieri

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Giorni di festa: il Natale per i nostri “compaesani” stranieri Tra regali da incartare, panettoni e addobbi vari, l’atmosfera natalizia non può che essere nell’aria. Infatti, nonostante la crisi economica e le lamentele dei consumatori tutto è già conciato per le feste… C’è chi pensa ai cenoni, chi al vestito del veglione, chi al locale in cui trascorrerà l’ultimo dell’anno. Distratti da tutta questa frenesia di pensieri, all’orecchio di tanti sfuggono molte riflessioni. Sono quelle degli immigrati che vivono tra noi i quali, non avendo molto con cui festeggiare, si affidano ai ricordi della loro terra e, tra una telefonata e tanta nostalgia, il Natale trascorrerà anche per loro.E’ proprio questo il periodo dell’anno in cui chi è lontano da casa per scelta o per esigenze di vita, avverte maggiormente il peso del distacco dai propri cari lontani, dai ricordi dell’infanzia, da tutte quelle tradizioni e usanze che fanno di questa festività un evento unico e ricco di significati. Perciò, non sarà certo un Natale facile per i nostri stranieri, assoggettati ad usi diversi, a famiglie che non sono le loro, costretti a far quadrare i conti con i soldi che guadagnano, tra qualcosa da mandare a casa e pochi spicci per vivere qui. Per far rivivere ai nostri amici stranieri un po’ delle loro tradizioni, gli abbiamo chiesto di parlarci degli usi dei Paesi da cui provengono. Un gruppo di badanti rumene racconta che il Natale arrivava già la sera del 5 dicembre quando, prima di andare a dormire, si mettevano le scarpe dietro la porta, perché durante la notte sarebbe passato San Nicola per lasciare dolci e piccoli frutti, o qualche monetina per i più bravi. L’albero lo si decorava dopo l’8 dicembre e già da allora nell’aria si sentiva l’odore delle leccornie riservate solo al Natale. La sera della Vigilia c’era l’ansia di assaggiare il cozonac, il dolce tipico delle feste, fatto con le noci e i canditi. La sera, poi, prima di andare in chiesa, gruppi di bambini cantavano le Colinde, tipici canti di Natale che raccontano la nascita di Gesù e augurano un nuovo anno di salute e prosperità. Per la fine dell’anno si cantava tutti insieme vestiti con le maschere tradizionali: pelli di lupo e di pecore sulla schiena. Dopo la Messa di mezzanotte il prete usciva a benedire i fedeli con acqua santa e miele e poi tutti a casa a festeggiare con i parenti fino all’alba. “Poi le cose, purtroppo, sono cambiate, la vita di stenti che conducevamo nei nostri paesi ci ha portate lontano – dice un’anziana badante – ed ora nel cuore non ci resta che l’eco di quelle canzoni e il profumo delle nostre case”.

Un altro ricordo ce lo concede un gruppo di cittadini polacchi: “In Polonia la sera della vigilia ci raccoglievamo intorno alla tavola solo dopo che la prima stella era spuntata in cielo. Prima di iniziare a mangiare ci dividevamo l’Oppatek, una focaccia di pane azzimo. Poi si iniziava la cena di 12 portate ma senza nessun tipo di carne. Sotto la tovaglia si stendeva uno strato di paglia per ricordare l’umile nascita di Gesù in una mangiatoia. Le nostre tradizioni sono profondamente religiose e anche oggi che siamo in Italia non perderemo la messa della mezzanotte ed allora il suono delle campane ci riporterà agli affetti lontani e così, per un attimo, il distacco sembrerà più sopportabile”.L’aria di festa non basta a cancellare il senso di malinconia che queste parole lasciano ed allora anche noi ci sentiamo un po’ stranieri, quando pensiamo ai nostri cari lontani, alla voglia di abbracciarli proprio in quel giorno, quando vorremmo stappare con loro lo spumante e sorridere sereni, senza distanze né oblii.A tutti i nostri lettori Buon Natale, Sarbatori Vesele, Boze Narodzenie. Antonietta Petrella

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