Liscio come l’olio
Colline verdi che si perdono all’orizzonte, inframmezzate da casali, memoria antica che custodisce i campi, paesini medievali che rompono l’armonia dello sguardo con i loro borghi ed i loro castelli, e poi distese di olivi folti e carichi, vera ricchezza del territorio, pennellate verde-argento nell’idillio bucolico.
Toscana? No. Monti Dauni. Eppure, la descrizione rimanderebbe sicuramente a zone dell’Appennino tosco-emiliano, o umbro-marchigiano. A zone che di quel paesaggio incantato hanno fatto il loro fiore all’occhiello. Pur se quelle zone sono, poi, contaminate da presenze industriali vicine ed ingombranti; pur se quelle zone, poi, non possono produrre tutto il vino o l’olio pregiato che decantano. Per questioni di estensione, più che per altro.
Pur se quelle zone, con ogni probabilità, non usano metodi di produzione genuini come i nostri. E a chi, di fronte ad una distesa di colline nell’Aretino, me ne decantava incantato la dolce, semplice e, soprattutto, inconfondibile ed unica bellezza, risposi, non creduto, che mi sembravano le mie zone. E, a ben vedere, forse, non ci aveva creduto, con me, nemmeno la mia gente, che quelle colline potessero competere, quanto ad unicità, originalità, selvaggia bellezza e struggente incanto, con le colline italiane, ormai, per antonomasia.
Perché, se ci avessimo creduto, avremmo avuto modo di far decollare le nostre produzioni, le nostre terre. Non avremmo avuto gioco facile, ma, pur se non sarebbe andato liscio come l’olio, avremmo avuto ragione di importazioni scadenti e di concorrenza sleale.
Liscio come l’olio… quell’olio che noi, non sapendolo, già produciamo come biologico, giacché nessuno, qui, si sognerebbe di imbottire di fertilizzanti ed antiparassitari le proprie olive, anche perché le nostre zone sono particolarmente vocate per le produzioni olivicole, giacché possono godere di una media altitudine, di terreno fertile, di esposizione favorevole. Le olive che si producono nei nostri Monti Dauni hanno una buona resa, con una percentuale di olio su peso del macinato del 15-20%. L’estrazione avviene con metodo tradizionale a freddo, cioè dalla molitura e premitura delle olive, senza processi di riscaldamento.
Il nostro processo, quindi, è tradizionale, non altera la qualità delle olive, giacché non le riscalda per estrarne l’olio, ha una resa sicuramente minore e garantisce un prodotto di estrema qualità. E non sempre gli oli in commercio sono prodotti con metodo tradizionale. Anzi, quelli industriali sono prodotti quasi tutti con estrazione a caldo. Eppure sono gli extravergini pregiati e naturali che ci propinano. Il nostro prodotto, invece, è di ottima qualità, media densità ed acidità. Non sempre extravergine, giacché per fregiarsi di questo titolo, le olive devono essere molite entro le 24 ore dalla raccolta. Ma spesso sono gli stessi produttori che chiedono ai frantoi di lasciar “riposare” le olive…
Tutta la produzione, si diceva, viene impiegata per uso personale e/o venduta, ma senza carattere di professionalità, senza la vera spendita di marchi e ad un prezzo irrisorio, che oscilla intorno ai cinque euro al litro. Eppure un marchio c’è, l’olio DOP (Denominazione di Origine Protetta) Dauno, che alcuni produttori hanno già tentato di applicare. E ci sarebbero anche iniziative e comitati a tutela del nostro olio, che avrebbero dovuto farne un prodotto unico e richiesto.
La strada dell’olio extravergine della Provincia di Foggia nasce in seguito alla pubblicazione del B.U.R.P. n. 4 del 14/01/1999, relativo alla presentazione delle domande di riconoscimento delle strade dell’olio. Delle otto strade dell’olio riconosciute dalla Regione Puglia, la strada dell’olio extravergine di oliva a Dop Dauno e’ identificata come la n. 5. Essa interessa quasi l’intero territorio della Provincia di Foggia suddiviso per aree omogenee denominate “sottozone”: Alto Tavoliere, Gargano e Sub Appennino Dauno e Basso Tavoliere.
La strada dell’olio extravergine a Dop Dauno (c/o la Camera di Commercio d Foggia) mira al recupero e alla valorizzazione di tutte le risorse territoriali: ambientali, economico-turistiche, culturali, occupazionali e olivicole-olearie.
Con ogni evidenza, però, si tratta solo di facciata, perché noi continuiamo a vendere con i bidoni ed al prezzo di 5 euro al litro un prodotto di qualità che ne varrebbe, sul mercato, almeno il triplo, che darebbe lustro al territorio, ricchezza e lavoro alla sua gente. A tal fine sarebbe però necessario pensare all’olivicoltura in maniera diversa, imprenditoriale o, se preferite, solo più logica, eventualmente consociandosi in cooperative.
Resta indubbio un fatto: che solo dai produttori e dalla gente può arrivare una spinta, uno scrollone, un’onda di dignità e novità che possa portare scompiglio in un mare fermo e stagnante. Liscio e piatto, come l’olio.
Marco Affanno