Ricordando i Nostri Cari Defunti, con qualche notizia!
(a cura di Benvenuto Baldassarro)
A metà costa di “Colle D’Elce”, sul poggio piramidale, si raccoglie, umile e solitario, il Camposanto.
Esso fu costruito nel 1818 in seguito all’editto di Saint Claud di Napoleone, che sostituì l’antica usanza del popolo di inumare i corpi dei morti negli apogei delle chiese, o in fosse comuni sparse qua e là nel paese. Ebbe al centro il tempio della “Madonna dei Dolori”, due tombe interrate gemelle ai suoi lati. Intorno due aree distinte, una destinata alla sepoltura dei bambini e l’altra a quello degli adulti, identificati con un numero su croce in metallo. Tra le tombe di importanza notevole c’è quella della famiglia De Matteo che conserva le spoglie del nostro sfortunato poeta musicista Francesco De Matteo (1877-1899) morto a soli 22 anni per tubercolosi. Per l’imponenza del gruppo marmoreo che sovrasta la tomba meriterebbe il riconoscimento di “monumento nazionale”.
A Deliceto, si seppellì in chiesa sino al 1820, ma da che fu ordinata la prima fossa comune, la popolazione si andò a poco a poco persuadendo, che non era mancanza di rispetto ai morti, ma solo ragione di vita e di igiene; vi si calava il cadavere sopra una tavola con un congegno di funi, in modo che arrivato in fondo non si scomponesse nel lasciarlo.
L’ultimo seppellito nella chiesa fu un bambino di di cinque anni, di nome Benvenuto Montella, era parroco un tale Stramiello ed era il 10 maggio del 1820, il primo ad essere seppellito nella terra vera e propria fu un forestiero di anni 80, di nome Angelo Cornacchia di Vallata; seguirono un Vincenzo Milone, una Giuditta Pennetta e tutti gli altri. Questi morti, si usò adagiarli in fondo alla fossa, grande sette palmi, e protetto il volto, con un’immagine di Dio e due o tre tegole, solo terra sul resto del corpo. Nati dalla terra, tornavano alla terra. Frequente d’estate la comparsa di una fiammella errante che seguiva i capricci della commossa aura notturna al chiarore delle stelle, comune la credenza che quella fosse un’anima in cerca di quiete.
Presso il camposanto, furono utilizzate nel tempo per le coperture dei loculi le tegole rosse, diventando motivo di presa in giro: attiend ca tu t n vè a l’irmc russ.
Alla fine degli anni ’60 del secolo scorso, fu rifatto l’ingresso, con pilastri rivestiti di marmo, provenienti dal dismesso “zampillo” (fontana) offerto da z’ Mchel L’Americano (Michele Nazzaro).
Era usanza, una volta seppellito il defunto, fare ritorno a casa dello stesso (gli uomini avanti e le donne dietro) per ricevere le condoglianze. Usanza, che forse oggi (fortunatamente!) e quasi scomparsa.
Alcune notizie sono tratte da: Deliceto Storia e Vita di B. Baldassarro e A.Iossa
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