LA CONSOLAZIONE AL FREDDO E AL GELO

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La Consolazione al freddo ed al gelo

I Padri costretti a chiedere aiuto

 

DELICETO – Volentieri abbiamo deciso di dare spazio all’appello lanciato da Padre Hananias e il suo comitato “Aiutiamo la Consolazione”, che coinvolge Deliceto e S. Agata in una raccolta di fondi per consentire la ripresa dei lavori di ristrutturazione del Convento della Consolazione, lavori arenatisi dopo il blocco dei fondi stanziati dalla Regione Puglia, deciso dal Governo fino a marzo-aprile 2011. Lo abbiamo fatto perché, allo stato, la Comunità Mariana “Oasi della Pace”, ivi alloggiata, vive in condizioni di grande disagio e rischia di passare l’inverno “al freddo ed al gelo” (mancano ancora strutture necessarie come le finestre in molte stanze, l’acqua corrente in parte dell’abitato e i riscaldamenti)

Pur senza dubitare della buona fede delle persone che, a vario titolo, hanno promosso questa iniziativa, riteniamo doveroso evidenziare che, forse per la fretta con la quale è stato necessario procedere, è mancata un’informazione chiara ed esaustiva e, pertanto, sono serpeggiati dubbi e perplessità che è bene dissipare. Una cosa è certa: il blocco dei fondi regionali è solo temporaneo. Anzi, pare che la Regione abbia firmato un protocollo d’intesa con le banche per anticipare i finanziamenti alle imprese. C’è, dunque, una piccola speranza che presto anche la ditta che lavora per la Consolazione possa beneficiarne, ma se il cantiere non dovesse finire parte dei lavori entro il 31 dicembre, si perderebbero anche i finanziamenti già stanziati.

Insomma, presto o tardi, i fondi inizialmente stanziati arriveranno. I soldi che si stanno ora raccogliendo verranno restituiti? Ovviamente no, anche perché, obbiettivamente, sarebbe un’operazione ardua. Ci dice padre Hananias, uomo al di sopra di ogni sospetto, che le donazioni dei cittadini andranno a coprire ulteriori lavori non finanziati dalla Regione Puglia, tra i quali, il piazzale antistante il convento, il confessionale, la ristrutturazione dei bagni esterni, l’acquisto di una campana. Sarebbe opportuno, allora, offrire ai cittadini un prospetto chiaro e trasparente delle opere che si intendono realizzare, con l’indicazione dei relativi costi, evidenziando gli importi non coperti dal finanziamento regionale. In tal modo, verrà meno ogni dubbio in ordine alla buona conduzione della raccolta e dell’impiego dei fondi e, sicuramente, le offerte dei fedeli saranno ancor più generose.

Sotto altro profilo, è pure importante evidenziare che questa situazione emergenziale è la riprova che, spesso, i problemi non vengono affrontati in modo adeguato. Non è pensabile che un monumento come la Consolazione, con il suo valore storico, culturale e spirituale, nel momento del bisogno, sia abbandonato a se stesso dalle istituzioni locali, politiche ed ecclesiastiche e, per far fronte all’emergenza, debba ricorrersi alla colletta. I comuni interessati, in primis Deliceto e S. Agata di Puglia, ma anche la Provincia di Foggia e la Diocesi Foggia – Bovino, con un po’ di buona volontà, non potevano, unendo le forze, tamponare la temporanea carenza di fondi, sì da garantire la prosecuzione dei lavori? In fondo, non stiamo parlando di milioni di euro, ma di somme relativamente basse. La difesa e la tutela del nostro patrimonio non possono essere assicurate con la pubblica carità. Non è dignitoso.

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È stato istituito un conto corrente per le donazioni, inoltre, il comitato ha promosso una questua “porta a porta” che già in questi giorni sta girando fra le case del paese. CONTO CORRENTE BANCARIO C/0 BANCA POPOLARE DI BARI DELICETO IBAN: IT44 G054 2478 4000 0000 1012 724, intestato a Padre Hannes Klaban (Padre Hananias). È, inoltre, possibile donare le proprie offerte direttamente presso i “punti raccolta” di Deliceto:

– negozio “Gioia… di casa”, di Gioia Maria Lucia, Via Fontana, 24.

– sede gruppo Skaria, Via Giuseppe Bonuomo (dalle 17.00 alle 19.00).

– sede Coldiretti, Corso Regina Margherita.

Per debito di riconoscenza

Mattia Iossa

E’ stato lanciato un appello: la Consolazione è in pericolo, salviamo la Consolazione! In giro c’è fermento e la gente si domanda che cosa sia successo; qualcuno obbietta: perchè, se non ci sono più fondi, dobbiamo provvedere no? Il perché è evidente: perché è un nostro monumento, e non solo di Deliceto e di S. Agata, ma di Foggia e della provincia e forse anche oltre; e perché se va in rovina il danno è solo nostro; perché è un luogo di santi o, se preferite, di personaggi famosi che hanno dato lustro a tutta l’Italia meridionale; perché è una parte importante della nostra storia, e per tante altre ragioni, pur senza scomodare il “Tu scendi dalle stelle”. Ragioni che non vale la pena spiegare: perché se arrivano a chi è ben predisposto, non servono, tanto il suo dovere già lo fa; mentre chi è contrario per partito preso, tirerà fuori motivi ideologico – economici, politico-economici e vattelappesca–economici, da cui non recederà. Ma vi è un motivo che riguarda squisitamente Deliceto e che vale la pena illustrare: per debito di riconoscenza. Dobbiamo, infatti, in gran parte alla Consolazione se oggi possiamo essere orgogliosi della nostra chiesa madre. Nel 1744 il vescovo di Bovino, il beato Lucci, aveva demolito la piccola e vecchia chiesa allora esistente, sognando per Deliceto una bella e grande chiesa. E si era dato da fare parecchio. Poi era morto e i lavori si erano fermati alle fondamenta e a qualche pezzo di muro. Li avevano fermati le piccole e grandi invidie, più che la mancanza di fondi. Negli anni di abbandono vi erano cresciute erbacce, cespugli e perfino un albero; i porci vi andavano a pascolare. Mancavano i fondi, ma mancava soprattutto lo slancio iniziale, mancava la voglia di fare. La “migliore e più sana parte” del paese, come si diceva, era ormai dolorosamente rassegnata; gli altri erano indifferenti. Occorreva uno scossone, una carica, che Deliceto non era in grado di esprimere né dalla parte di Bovino si intravedeva speranza alcuna. Lo scossone venne invece dalla direzione opposta, dalla Consolazione, da quel convento voluto da S. Alfonso e dal suo iniziale gruppetto redentorista, che già aveva lo studentato e si avviava a diventare una realtà importante. Furono questi Redentoristi in una missione a Deliceto nel 1775, dice Amedeo Iossa, che «infervorarono a tal punto il popolo da indurlo, nella sola mattinata di una domenica, a purgare dalle erbacce e dalla immondizie il suolo intorno alla chiesa. Nel caldo pomeriggio di quello stesso giorno i religiosi e gli studenti liguorini con a capo il rettore, don Fabio Buonopane, trasportarono sulle spalle grosse pietre dai pressi della chiesa dell’Annunziata al centro del cantiere di lavoro. Tutti i cittadini ricchi e poveri, uomini e donne, presi dall’emulazione, trasportarono fino a sera grossi mucchi di materiali da costruzione […] Fu nominato amministratore il padre don Antonio Tannoia che, più di ogni altro, aveva preso a cuore il completamento del sacro edificio». Torna l’entusiasmo, i lavori procedono, tanto che si potè arrivare al primo cornicione. Poi si fermano di nuovo per invidiucce, meschinità, lettere anonime, insinuazioni. Il buon padre Tannoia, disgustato e addolorato, si dimette. Passano altri 11 anni di stasi, oltre 40 dall’inizio dei lavori: è il 1788. Pare questa volta perduta veramente ogni speranza. Ma è ancora dalla Consolazione che arriva un altro scossone. Padre Giuseppe D’Errico così arringò il popolo: «Oh popolo di Deliceto, e come non ti arrossisci della tua noncuranza? E come puoi soffrirti di vederti in tale ristrettezza (della chiesa dell’Annunziata, che fungeva allora da chiesa madre) E quando ti muoverai a compiere la nuova chiesa?… Che più (ri)tardi adunque, che più (aspetti) a dar nuovamente di piglio alla chiesa? E’ ormai compita (compiuta), per che altro vi resta, a questo ti invita Gesù sacramentato che non si fida più di tollerare tante irriverenze in questa chiesa si’ angusta ” […] Ciò detto appena, e finita dal detto padre una somigliante esortazione, tutto il popolo intenerito, ad una voce gridando disse, che in tutti i costi voleva proseguire la chiesa e si compromise (impegnò) di somministrare tutta la spesa che vi bisognava..”». A capo misero ancora ad un redentorista, lo stesso padre D’Errico, benché non volesse, ammaestrato dalla sorte toccata al Tannoia 1. Finalmente si arriva così a finire la chiesa; ora bisogna pensare all’arredo. Fu sempre un redentorista, D. Muzio Santoro,che fu incaricato di provvedere al pezzo più importante, all’altare maggiore, interessandosi presso i famosi marmorari napoletani 2. E così oggi possiamo mostrare orgogliosi la nostra bella e grande chiesa. E’ perciò un grosso debito che Deliceto ha verso la Consolazione; furono gli ospiti di quel santo luogo a darci una mano senza essere obbligati, senza chiedersi come e perché, senza cavilli, senza sofisticare sui soldi e sulle competenze. Bisognava ricostruire la chiesa e loro dettero l’aiuto che potevano, non economico perché non erano in grado. Ora sono altri ospiti della Consolazione, i successori dei Redentoristi, che hanno bisogno di noi; ora è la Consolazione che ha bisogno di Deliceto. E’ giunto il momento di ricambiare, con mezzi diversi. Loro ci hanno dato quello di cui allora avevamo bisogno, ci hanno restituito l’orgoglio di un popolo; ci hanno dato un capo. Ora tocca a noi dare alla Consolazione quello di cui ha bisogno: l’aiuto economico. E subito. Poi sullo stato dei lavori, sugli importi necessari, sul se, come e perché di fondi bloccati, sarà il comitato che è sorto e si sta muovendo a dare, come suo dovere, tutte le spiegazioni necessarie, magari anche a mezzo di questo stesso giornale.

AMEDEO IOSSA, Deliceto notizie storiche, S. Agata di Puglia 1972, pp. 179-81

MATTIA IOSSA, La Collegiata insigne di Deliceto, Associazione culturale delicetana, 2003, p.132

Consolazione vendesi? Notizia priva di fondamento.

Mattia Mascia

E’ stata diffusa da alcuni mesi la notizia riguardante la vendita del Convento della Consolazione di Deliceto. Tale notizia a tutt’oggi è priva di fondamento. Per meglio comprendere i termini della questione di seguito si riportano in sintesi le norme che sono alla base del cosiddetto “federalismo demaniale”, termine con il quale si vuole indicare l’attribuzione agli enti locali dei beni territoriali appartenenti al patrimonio dello Stato.

Alla base di tutto c’è l’articolo 119 della Costituzione il quale prevede che “i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i principi generali determinati dalla legge dello Stato”. Con la legge n. 42 del 05/05/2009 si è data attuazione alla suddetta norma costituzionale, in particolare l’art. 19 della legge 42/2009 ha previsto l’attribuzione, a titolo non oneroso, ai comuni, province, città metropolitane e regioni, di un proprio patrimonio rimandando ai successivi decreti del Governo l’emanazione delle norme attuative. Le modalità di attribuzione del patrimonio sono state disciplinate dal Decreto Legislativo n. 85 del 20/05/2010 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 134 del 11/06/2010, entrato in vigore dal 26/06/2010. Tale decreto, che ha dato il via libera al “federalismo demaniale”, nello specifico prevede il trasferimento dei beni del demanio idrico, marittimo, degli aeroporti di interesse regionale o locale, delle miniere e di altri beni immobili e dei beni mobili ad essi collegati; lo scopo principale che si intende conseguire è la valorizzazione dei beni stessi ed una maggiore responsabilizzazione e trasparenza nella loro gestione, giustificata dal trasferimento dei beni ad un livello di governo più vicino al cittadino, nonché dalla circostanza che i processi di valorizzazione dovranno essere pubblicati sui siti istituzionali degli enti locali (art. 2., comma 4), che, in tal modo, potranno coinvolgere la popolazione.

Con successivi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri saranno individuati i beni da attribuire agli enti locali che verranno inseriti in appositi elenchi. L’attribuzione dei beni contenuti negli elenchi avverrà in base alle richieste degli enti stessi, che dovranno indicarne le modalità ed i tempi di utilizzo.

Tutti i beni non richiesti confluiranno in un patrimonio vincolato affidato alla Agenzia del Demanio o alla amministrazione che ne cura la gestione che provvederà alla loro valorizzazione ed alienazione. Le risorse ottenute dalla alienazione dei beni verranno destinate per il 75% alla riduzione del debito dell’ente locale e la parte residua concorrerà alla riduzione del debito statale.

Alla data del 05/11/2010 nell’elenco pubblicato sul sito della Agenzia del Demanio (http://benidellostato.agenziademanio.it/BeniPatrimoniali/index.php/patrimoniostato/index), che viene aggiornato con cadenza quindicinale, non risulta essere inserito il Convento della Consolazione di Deliceto, pertanto ad oggi sono da smentire tutte le notizie circa la vendita a privati del convento.

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