Nelle giornate del 5 e 6 maggio, la comunità delicetana, festeggia il Beato Benvenuto da Gubbio e la Madonna dell’Olmitello, con pellegrinaggio, nella giornata del 7, presso i Santuari Mariani dell’Olmitello e della Consolazione.
Fino agli inizi degli anni ’80 era la festività più importante di Deliceto, sia sotto l’aspetto religioso che civile, con tanto di luminarie, fiera del bestiame, mercanzie varie e l’immancabile e attesa Lunapark (per la gioia di giovani e bambini), sul Piazzale Belvedere. Un’occasione, per tirare fuori dagli armadi, gli abiti nuovi, odoranti di “naftalina” o appena comprati al mercato e sfilare lungo il corso, trasformato in una appariscente passerella. Oggi purtroppo di quella fastosa solennità, sono rimasti solo sbiaditi ricordi.
Il poeta delicetano Vincenzo D’Ambrosio (1890-1965), ritrae lo svolgersi della festa patronale paesana, minutamente, per l’intera giornata; e conclude con un raffronto fra ieri e oggi. La festa è quella del protettore di Deliceto, il Beato Benvenuto da Gubbio, per l’attesa, l’atmosfera, il comune piacere del “dì di festa” che si respira. E’ pubblicata nel V volume – Armonie – della raccolta “Quando l’anima canta”; anno 1962.
ALBA, Un colpo secco, a l’alba, rintronando selvaggio a la campagna, annunziava la festa del Patrono (ne l’aria frizzantina e ancora scialba odor di rose e viole, odor di maggio…) Poi, tripudiando, tutte le campane, da le valli e dai colli a la campagna, prorompevano, ondando, in vario tono. Or vicine or lontane, Ora lente or veloci, nelle strade deserte, risonavano le prime voci. Era gente solerte, che per la prima messa s’affrettava mentre gli ultimi tocchi a gli archi e ai festoni l’apparatore dava, e di ricchi damaschi e di coperte s’ornavano balconi e davanzali. Ed ecco, a l’improvviso, dal Castello un’echeggiar di trombe e di tamburi e, lungo strade e vicoli,un gran vociare,un ridere e scherzare, un rincorrersi in festa di gente allegra e lesta: bimbe con vesti chiare, a colori sgargianti e grossi fiori,donne con vesti nere,uomini con la giacca e col cappello e col fiore a l’occhiello. Così la gente da le varie strade nel Corso si riversa lietamente,tra venditori di castagne e noci,e sempre più s’accalca, più s’addensa,finché diventa un’ebbra folla immensa,la folla amorfa da le mille voci,fiumana che trabocca e che travolge.
MERIGGIO Di una carcassa al rapido segnale,movevasi, solenne e scintillante,la processione da la Cattedrale,sotto l’azzurro luminoso cielo e tra l’ampio osannar de le campane: le more verginelle in bianco velo, le suore e l’orfanelle e, dietro, gli stendardi ed i pennoni,le pie congregazioni con le mozzette, come gli stendardi,di color nero, azzurro o cremisino. Infine il clero, tutto sfolgorante…Ed ecco il Santo, sotto il baldacchino tra dolci canti e palpitanti cuori, avanzar, barcollando, su le spalle dei fieri portatori…(Dove Egli passa è un fervido pregare,un prostrarsi fidente, un ringraziare, una pioggia di baci e d’ebbri fiori!) Segue la musica, echeggiante a valle, che marcie intreccia a dolci melodie, e la massa compatta dei fedeli, che procede, cantando litanie…Talvolta, a tratti, un caldo soffio giunge che de i candidi ceri investe e piega l’azzurre luci.Tal’altra, lieve come un’ala bianca, passa, su tutti, un alito divino. Raggiunto il “Piano”, il Santo si fermava e quasi sorridente // come persona viva tra la folla giuliva assisteva, col popolo credente, a i fragorosi spari dei mortaretti e de le batterie.
SERA
Nel pomeriggio, corse e vari giuochi,a sera, luminarie, orchestre e canti,e, a notte fonda, i fuochi.
Le foto, degli anni 60, mostrano la grande devozione popolare e l’inaugurazione, al termine degli ultimi restauri, della chiesetta dell’Olmitello, avvenuta il 7 maggio del 2000.
La Redazione
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