Rifacciamoci un giro a Zelig

478

Nella foto… Quelli del cabaret!Rifacciamoci un giro a Zelig foto-mimi1.jpg  Rifacciamoci un giro a Zelig per scacciare via i cattivi pensieri insieme alle aspiranti star del cabaret televisivo! Considerato che fa ancora freddo, proviamo a scaldarci con quattro risate insieme ai miei amici comici. Vi porto a fare un giro al Cab 41, un locale tipico del cabaret a Torino, dove i cabarettisti nuovi, ma anche quelli vecchi e pure quelli lavati con… un detersivo che qui non posso nominare perché sarebbe pubblicità (e visto che Perlana non mi paga!… Ops! L’ho scritto!), quindi già conosciuti perché visti a Zelig o a Colorado, provano davanti al loro pubblico i loro pezzi, questi ultimi sì, nuovi di zecca (cosa c’entra la zecca? Niente, ma ce n’era una qui in giro che mi dava fastidio e se la metto in questo pezzo me la tolgo dalle scatole!). Se funzionano le battute, le potranno finalmente usare in televisione o quando gli offrono una serata in qualche festa di piazza; se non funzionano, bisogna provare a limarle, potarle, asciugarle… finché fanno presa sul pubblico e fanno ridere. O almeno teneramente sorridere. Dipende dal genere. Non femminile o maschile: dal genere di battute. E non dipende neppure dal genero… metti che uno sbagli a scrivere la parola! Se poi le battute più che far ridere fanno piangere (come questa che ho appena scritto!), allora bisogna anticipare la “u” e posticipare la “a”: insomma, da BATTUTE bisogna che diventino BUTTATE (e qui, bisogna avere un cestino molto grande, e possibilmente messo nella raccolta differenziata, per non far marcire anche il resto con queste mele marce!). A volte, al contrario del maiale, del quale non si butta via niente, purtroppo si butta via tutto. E qui arriva il dolore: quando un autore butta via una battuta, sente che perde qualcosa di sé, come se gli tagliassero un dito (se invece gli tagliano un’unghia, l’autore, soprattutto uno come me, non si lamenta… lamenta tutto attaccato, altrimenti potrebbe essere interpretato come la menta, e allora è meglio berla fresca e possibilmente d’estate!)… non si lamenta, dicevo, e comunque è sempre meglio perdere un dito in questa operazione chirurgica fittizia che perdere la faccia, e quindi anche la fiducia dei comici. Tutto questo per dire che scrivere per i comici di cabaret è un duro lavoro come un altro, l’unica differenza è che non ti pagano, però ti ri… pagano (che battuta cretina questa: la metteremo fra quelle da cestinare!)… ti ripagano i sorrisi delle persone che ascoltano e gradiscono le tue battute!Simpaticamente, Mim

Lascia una risposta